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Oggi è stata una giornata molto intensa per le audizioni della commissione Inge. Dopo la presentazione di un rapporto sulla diffusione della disinformazione e su come lavorare alla costruzione di una forte alfabetizzazione mediatica, ci siamo concentrati su come disinformazione e discorso d’odio si finanzino con la pubblicità, grazie ai tre interventi dI Nandini Jammi (co-fondatrice di Sleeping Giants oggi con Check My Ads, famosa per la sua campagna contro Breitbart e Bannon), Clare Melford (direttrice esecutiva del Global Disinformation Index) e la direttrice della strategia pubblica per la pubblicità di Google, Ghita Harris-Newton. Jammi e Melford hanno chiarito molto bene che le campagne per incoraggiare le aziende a non investire su testate o siti dai contenuti dubbi, a monitorare i luoghi dove vengono pubblicate le loro inserzioni, e ad aderire a manifesti etici sulla pubblicità funzionano. Quello che non funziona è che spesso non è possibile monitorare dove viene collocata la pubblicità; i report non sono mai indipendenti, i sistemi di scatole non sono del tutto controllabili, e le collocazioni sono spesso automatizzate e regolate da algoritmi. Per tutta risposta, Harris-Newton ha sottolineato l’impegno etico di Google a frenare o ridurre il flusso di denaro degli inserzionisti verso i contenuti di disinformazione o estremismo, ma ha anche ammesso che i contenuti più redditizi sono quelli polarizzanti, e che l’enorme volume di contenuti rimossi da Google è anche il segnale che di anno in anno questi contenuti invece che ridursi si moltiplicano, raffinando le tattiche e trovando sempre nuovi vettori. Per Jammi e Melford, però, la risposta non può più essere l’autoregolamentazione, in cui sono le piattaforme stesse a disciplinarsi e con criteri non del tutto leggibili: un’internet responsabile è una rete normata nello stesso modo per tutti, in cui la ricerca fatta fin qui dai privati venga condivisa con il pubblico, e il flusso di investimenti pubblicitari sia chiaramente monitorato da parti terze. Presto testeremo la disponibilità dichiarata delle piattaforme a discutere con l’Europa alcuni cambiamenti, sollecitate dall’applicazione del Digital Services Act. Di sicuro ci troviamo in una situazione in perpetuo movimento, in cui mobilitazione civica e monitoraggio pubblico saranno indispensabili, e continueremo a batterci per costruire tutele per i cittadini.(nella foto: Nandini Jammi/Check My Ads)